"Tolkien
e l'Italia: tanti rifiuti e un diario (inedito) su di noi"
Già nel 1954 Mondadori rifiutò "Il Signore
degli anelli". Uno studioso rivela tutta la vicenda editoriale e gli
scritti ancora sconosciuti dell'autore inglese
Il Giornale Ven, 27/06/2014
di Gianfranco de Turris
La storia editoriale italiana delle opere del padre
del genere fantasy, o meglio heroic fantasy, J.R.R. Tolkien, è da sempre
costellata di luoghi comuni e inesattezze che derivano da illazioni e
ricostruzioni personali.
Oggi, dopo quarantasette anni dalla prima
traduzione italiana della Compagnia dell'Anello, quella storia sarà finalmente
ricostruita in base a documenti e testimonianze dirette, grazie al lavoro
pluriennale di Oronzo Cilli, membro attivissimo della Società Tolkieniana
Italiana, la cui passione e dedizione per la ricerca sono già note. Curatore
della seconda edizione de Lo Hobbit annotato (Bompiani, 2004), autore di J.R.R.
Tolkien. La bibliografia italiana dal 1967 a oggi (L'Arco e la Corte, 2013)
recensita su queste pagine, è considerato tra i più importanti giovani studiosi
italiani di Tolkien, ottenendo anche visibilità internazionale grazie al
ritrovamento di un documento inedito firmato da Tolkien nel 1933 a sostegno
dell'Esperanto. Suo uno dei siti tolkieniani più cliccati
(http://tolkieniano.blogspot.com).
Il suo è stato davvero un lavoro certosino al quale
a quanto sembra nulla è sfuggito, neppure il più piccolo dettaglio. Come nasce?
PUBBLICITÀ
«Nel 2010, quando Massimo Novelli su La Repubblica
presentò un documento inedito del 1962 sul diniego della Mondadori a pubblicare
il Signore degli Anelli. Iniziai a cercare e quello che credevo un punto di
partenza si è poi rivelata solo una tappa di un lungo e affascinate percorso
tra l'Italia, l'Inghilterra e gli Stati Uniti. La storia iniziava molti anni
prima, addirittura nel 1954, l'anno in cui fu uscì la prima edizione inglese
del capolavoro tolkieniano».
Questa è una notizia inedita e che getta nuova luce
sul rapporto intercorso tra Tolkien e il nostro Paese.
«Sì, l'Italia rischiò di essere il primo Paese a pubblicare una traduzione del Signore degli Anelli come emerge dall'ancora inedita corrispondenza tra l'editore inglese, Allen & Unwin, e la Mondadori, giacché alla casa milanese Tolkien venne proposto sin dal 1954. E per ben due volte, nel 1954 appunto e nel 1962, Mondadori scelse, e non a cuor leggero, di non pubblicare l'opera».
«Sì, l'Italia rischiò di essere il primo Paese a pubblicare una traduzione del Signore degli Anelli come emerge dall'ancora inedita corrispondenza tra l'editore inglese, Allen & Unwin, e la Mondadori, giacché alla casa milanese Tolkien venne proposto sin dal 1954. E per ben due volte, nel 1954 appunto e nel 1962, Mondadori scelse, e non a cuor leggero, di non pubblicare l'opera».
Perché scelse di non farlo?
«Le motivazioni furono diverse e in fin dei conti
figlie di quei tempi: il mercato editoriale, le richieste dei lettori e le
difficoltà di un genere, il fantasy, in Italia ancora sconosciuto. Nel 1954 i
primi due tomi - il terzo, Il ritorno del Re, non era ancora stato pubblicato!
- giunti dall'Inghilterra furono valutati attentamente e affidati a una
lettrice per la redazione dei pareri. Questi, anche se risultarono positivi -
ancora oggi attualissimi e puntuali - non convinsero Mondadori poiché l'editore
pensava che opere simili non avrebbe potuto interessare un gran numero di
lettori italiani. Nel 1962 la vicenda fu più complessa e vide un dibattito
interno a Mondadori con un Elio Vittorini, e non solo, su posizioni contrarie
ma non di netta chiusura. La scelta fu ancora di non pubblicare il testo di
Tolkien. All'editore inglese fu spiegato che il libro, sebbene fosse stato
giudicato positivamente, risultava troppo nordico
per il lettore italiano. In realtà, dai documenti emerge una discussione
interna più approfondita con un Vittorini scettico, poiché non vedeva nel testo
di Tolkien alcuna implicazione con metafore di una qualche attualità,
anche se non escludeva l'ipotesi di pubblicare inizialmente il solo primo
volume. Però, il tempo concesso dagli inglesi era ormai scaduto».
E poi?
«Arriva l'interesse dell'editore romano Mario
Ubaldini, con l'Astrolabio che decide di pubblicare finalmente il primo volume.
È il 1967 e anche in questo caso, esiste una ricca documentazione che permette
di ricostruire la storia in modo preciso motivando, ad esempio, la scelta di
escludere l'introduzione di Tolkien, giacché Lo Hobbit era ancora inedito in
Italia. Si chiariscono anche le scelte della bella traduzione compiute
dall'Alliata. Vi fu la precisa richiesta inglese di seguire le indicazioni
della Guida per i traduttori di Tolkien e la raccomandazione di non tradurre la
parola Hobbit. Si rende onore al grande sforzo economico e all'impegno di
Ubaldini, anche se il pubblico non rispose come poi, tre anni più tardi, fece
con Rusconi».
Infatti, dopo l'insuccesso dell'Astrolabio,
arriva il boom Rusconi.
«Tolkien arriva in libreria in un volume unico come
voleva lo stesso autore inglese grazie a un grande intellettuale come Alfredo
Cattabiani e il successo fu immediato. Non è stato facile ricostruire il primo
decennio tolkieniano con Rusconi, tra pregiudizi e successi, ma ogni tassello
ha trovato il suo posto. Dal 1999, il passaggio in Bompiani, con un ruolo
importante nel catalogo della Casa guidata da Elisabetta Sgarbi».
Ma il rapporto tra Tolkien e l'Italia fu solo
editoriale?
«Pur non viaggiando molto, l'Italia riuscì a
visitarla due volte. Nel 1955, con sua figlia Priscilla a Venezia e Assisi, e
nel 1966, in crociera con sua moglie Edith. Per fortuna, annotò i ricordi del
viaggio del 1955 in un diario, conservato alla Bodleian Library di Oxford, oggi
edito solo in inglese nell'opera curata da Christina Scull e Wayne Hammond. E
poi il legame con Dante e la sua adesione decennale alla Dante Oxford Society».
Di questa sua ricerca è prevista una
pubblicazione a breve?
«Di materiale, soprattutto inedito, ce n'è davvero tanto,
più di quanto si possa pensare. Il lavoro è completato, mi auguro che possa
uscire nella prossima primavera, e con mio grande onore vedrà la prefazione di
Scull e Hammond, due studiosi molto noti che hanno, su tutti, curato il testo
di Tolkien, Roverandom».
QUI PER ACQUISTARE LA TUA COPIA