Si è chiusa la trentesima
edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino ed è innegabile il
risultato in termini di partecipazione ottenuto a discapito della “concorrente”
edizione di Tempo di Libri di Milano. Ma come hanno sottolineato i diversi
commentatori che hanno calcato la moquette di entrambe le kermesse, quest’anno
Torino ha giocato sull’emotività di un territorio – una sorta di scatto
d’orgoglio – e su un budget molto importante contro una Milano che sembra aver
solo scaldato i motori. Il tempo dirà se ha un senso avere due manifestazioni fotocopia (programmi simili, quasi gli
stessi ospiti e libri che a distanza di un mese sono sempre gli stessi),
oppure, in una visione lontana dal proprio orticello, veder nascere a Milano
una Fiera per editori e addetti ai lavori e a Torino una più nazionalpopolare.
Ma questa edizione di Torino è meritevole di attenzione, almeno per quanto ci
riguarda, per lo spazio che ha deciso di dedicare a due grandi autori: Stephen
King e soprattutto J. R. R. Tolkien. E per celebrare quest’ultimo
l’organizzazione torinese, tramite la giornalista di Radio 3 Rai, Loredana
Lipperini, ha scelto di avvalersi della collaborazione dell’AIST (Associazione
Italiana Studi Tolkieniani). Una collaborazione già rodata qualche mese fa
nella trasmissione radiofonica in otto puntate trasmessa dal terzo canale radio
della Rai, J. R. R. Tolkien: un viaggio
inaspettato, non priva di polemiche. Il clou delle celebrazioni per il professor Tolkien si è avuta
sabato 20 maggio con la lectio magistralis
di Wu Ming 4, al secolo Federico Guglielmi, preceduta dalla stessa
Lipperini (la quale si è limitata, fortunatamente per noi, al solo passaggio di microfono), e dall’introduzione
di Roberto Arduini.
Tema della lectio magistralis di Federico Guglielmi: Meraviglie e perturbazioni. In
viaggio con Tolkien. Aspettando "Beren e Luthien". Donne, dame ed
eroine nel mondo di J.R.R. Tolkien.
Titolo alquanto azzeccato,
almeno nella sua prima parte giacché ci si è meravigliati di apprendere che Federico Guglielmi fosse stato
chiamato addirittura a tenere una lectio
magistralis su Tolkien, ma che subito dopo è stata superata dalla perturbazione, nel senso più compiuto del termine, nell'ascoltare la “lezione del maestro”. La locuzione latina lectio magistralis, nella mia vita, l’ho sempre associata a
“maestri” d’indiscussa cultura e preparazione in una materia: da Benedetto XVI
a Umberto Eco da Giorgio Albertazzi a Franco Cardini o agli stessi Alessandro
Barbero e Luciano Canfora che proprio durante questa edizione del Salone a Torino
hanno tenuto lectiones magistrales
(con Barbero che ne ha tenute addirittura due).Quella tenuta da Federico Guglielmi,
tutto al più poteva essere una “Conferenza” di media qualità alla quale, forse,
si poteva dire ben poco. Invece si è voluto andare oltre, e inserire uno degli
ormai tre (di cinque) del collettivo di Bologna Wu Ming tra gli ospiti a cui affidare una delle quindici lectiones magistrales all’interno del
vastissimo programma. Un eccesso di fiducia in chi lo ha deciso, un eccesso di
sicurezza in chi non ha voluto riportare tutti con i piedi per terra lasciando
che la si chiamasse “Conferenza”.
Sorvolando sul fatto che di tutte le
conferenze viste in streaming, quella di Federico Guglielmi non ha visto un
collegamento video, ma solo un audio e un’immagine con il logo del Salone e la
roboante fascetta “Lectio magistralis di
Wu Ming 4”. Un “senza nome” che in questo caso è stata anche “senza volto”
e non sappiamo se per problemi tecnici o per volontà del/i relatore/i, fatto
sta che la conferenza, che doveva celebrare Tolkien e l’uscita prossima del
volume “inedito” Beren e Luthien”, è
stata seguita da molti in diretta streaming che non hanno però avuto modo di
vedere la copertina “annunciata alle sue spalle” dalla Lipperini. Per buona pace
della Bompiani e della pubblicità al libro.
Dopo il breve (per fortuna) saluto della
Lipperini, ad anticipare Guglielmi è stato Roberto Arduini, presidente
dell’AIST che nella sua esposizione, breve e priva di spunti interessanti, si è lasciato alle spalle qualche grossolano errore come l’affermazione che “Il Silmarillion
sia stato l’ultimo romanzo pubblicato da Tolkien nel 1977” (ben quattro dopo la morte di Tolkien) oppure che “tra il
1937 e il 1977 si svolge la vita letteraria di questo autore come romanziere” e
ancora quando lo ha definito “semplice professore di letteratura a Oxford”. Ma conosciamo le "performance" del giornalista dell'Unità e quindi non ci è meravigliati più di tanto.
Dopodiché la parola è passata al “maestro”, Federico Guglielmi, in arte Wu Ming 4. Ora, se l’appuntamento non
fosse stato annunciato come lectio
magistralis, ma semplicemente come una “Conferenza su”, probabilmente questo
scritto non sarebbe arrivato qui o addirittura non sarebbe mai stato redatto.
Invece è quell’idea di “lezione del maestro” che mi ha portato ad ascoltare
bene ciò che avrebbe dovuto “insegnare” Guglielmi e a concludere che tra errori,
anche rilevanti, e cose già ascoltate o lette, il titolo di “conferenza” (con la c minuscola e carattere arial 2) forse sarebbe stato il più adatto. Quando si assiste ad una vera lectio magistralis, il sentimento che ci pervade al termine dell’esposizione,
è di smarrimento, di auto convincimento che esiste qualcuno capace di stupirti
e suggerirti nuove strade da percorrere. Qualcuno capace, in un’ora di lectio, di stravolgere ogni tua certezza
sull’argomento oppure d’aprirti mille nuovi sentieri di ricerca fino a quel
momento sconosciuti. E anche se alcune cose ascoltate durante la lectio le hai già lette altrove, ti rendi
conto che il “maestro” è stato capace di far suoi alcuni ragionamenti, anche
altrui, inserendoli in minima parte in quella che è la sua esposizione dimostrando
la grande capacità di sintesi e rielaborazione di tesi che aprono nuovi scenari.
Leggete ad esempio la lectio di
Umberto Eco al Salone di Torino di qualche anno fa e capirete cosa intendo
dire. Quel senso di magico e geniale che con Guglielmi non si è avuto. Per
carità ognuno l’ha ascoltata e giudicata a seconda dei propri “strumenti” e
delle proprie conoscenze, o convinzioni, e per questo ribadisco la personale posizione, che una
lectio magistralis deve dire cose
nuove e originali, non una semplice rielaborazione di idee altrui condita da
errori palesi.
È bene fare alcuni esempi
giusto per capirci. Quando, nei primi minuti, Guglielmi parla della dualità
maschio/femmina presente nei protagonisti tolkieniani dice:
Questo principio di complementarietà, e questo è molto importante […] vale anche a prescindere dal genere di appartenenza, mi spiego meglio, dentro ciascun personaggio, a prescindere che sia maschio o femmina per nascita, ci deve essere un equilibrio tra gli aspetti che vengono genericamente definiti maschili e quelli che vengono genericamente definiti femminili, per capirci definiamo maschili l’attitudine all’avventura, all’uso della forza, dell’ingegno e femminile invece la saggezza, la riflessione, la cura. Entrambi questi aspetti, entrambe queste componenti devono far parte del carattere dei personaggi se questi personaggi vogliono essere personaggi positivi e portare in qualche modo a termine il proprio obiettivo, il proprio compito. Quando questo equilibrio non c’è i personaggi falliscono, i personaggi fanno tendenzialmente una brutta fine.
Questo passaggio, mi ha
riportato alla mente quest’altro passaggio, scritto però da Melanie A. Rawls,
in The Feminine Principle in Tolkien,
che è stato incluso in Perilous and Fair:
Women in the Works and Life of J.R.R. Tolkien (99-118) ma che precedentemente
era apparso in Mythlore 10.4 (#38) 1984 (5-13):
Through the Silmarillion runs this theme: in Arda and in the Heavens, the Feminine and the Masculine are present; when they are in equilibrium and harmony, there is Good, but Evil is the result of an insufficiency or a disharmony of the attributes of one or the other of the genders. Concepts of Feminine and Masculine and their attributes and roles are thus tied to concepts of Good and Evil, and are therefore near the center of Tolkien's tale which is, after all, a tale of the struggle between Good and Evil. Tolkien makes an explicit statement on gender early in The Silmarillion. He writes: "But when they clothe themselves the Valar take upon them forms of male and some as of female; for that difference of temper they had even from the beginning, and it is but bodied forth in the choice of each, not made by the choice". According to Tolkien, Feminine and Masculine possess different characteristics that are meant to complement and augment one another". (p. 99)
E parliamo del 1984. Ma
ancora, quando Guglielmi cita Sir Launfal
e Thomas the Rhymer viene alla mente
che questi argomenti sono stati ampiamente trattati da Romuald Lakowski nel suo
"Perilously Fair" Titania,
Galadriel, and the Fairy Queen of Medieval Romance nel volume collettaneo Tolkien and Shakespeare: Essays on Shared
Themes and Language del 2007.
Oppure, più avanti
nell’esposizione, quando Guglielmi dice che:
Bilbo non è famoso perché figlio di Bungo Baggins, ma perché figlio della famosa Belladonna Tuc, sua madre era famosa, non sappiamo perché, ma così dice Gandalf, […] Nel caso di Bilbo, la mamma era quella avventurosa che andava in giro e che ha fatto parlare di sé e il padre era quello tranquillo, posato, riflessivo. E il problema di Bilbo era trovare l’equilibrio, tra il suo lato maschile e femminile, materno e paterno. Alla fine del romanzo lo troverà, perché all’inizio lui era solo la copia del padre.
A sentire Guglielmi, Belladonna
“era quella avventurosa che andava in giro e che ha fatto parlare di sé” ma
Tolkien nello Hobbit scrisse che “di
tanto in tanto qualche membro del clan Tuc partiva e aveva avventure” e il
riferimento era alla “stranezza” del ramo materno, non alla madre di Bilbo. Infatti,
sempre a detta di Tolkien, “non che Belladonna Tuc avesse mai avuto una
qualsiasi avventura dopo aver sposato Bungo Baggins” e che suo figlio aveva “ereditato
dalla parte dei Tuc qualcosa di strano nel suo modo di essere, qualcosa che
aspettava solo l'occasione per venire alla luce”.
Una delle elaborazioni per celebrare Tolkien realizzata dalla Biblioteca nel Salone. Si noti il nome dell'autore: J.J.R. anziché J.R.R. |
Infine due passaggi sui
personaggi femminili Shelob e Arwen. Sulla prima Guglielmi dice:
Bisogna anche parlare dell’unico personaggio femminile negativo che c’è, mi verrebbe da dire nella letteratura tolkieniana tutta, però così negativo forse sì. Sicuramente nel Signore degli Anelli, è Shelob.
Ci si chiede se per
Guglielmi il solo (“unico” dice) personaggio negativo nella letteratura
tolkieniana sia il ragno Shelob, E Ungoliant? E la corrigan
alla quale si rivolge Aotrou? Certo, The
Lay of Aoutrou and Introu curato dalla Flieger (lei sì che potrebbe fare
una lectio magistralis) non è stato
ancora pubblicato in Italia e quindi forse c’è chi non lo ha ancora letto anche
se tiene una lectio magistralis proprio sul
tema delle Donne, dame ed eroine nel
mondo di J.R.R. Tolkien.
Su Arwen invece la
cantonata è stata molto più evidente al punto che l’AIST, scrivendo della lectio magistralis è arrivata a scrivere
che:
A proposito della conferenza ci è stato fatto giustamente notare che Wu Ming 4 ha detto una cosa inesatta circa la triste sorte di Arwen, la cui morte per struggimento non avviene dopo un tempo lunghissimo bensì l’anno successivo alla morte di Aragorn (vedi finale del capitolo I dell’Appendice A del Signore degli Anelli). L’equivoco è stato dovuto a un’interpretazione errata del passaggio succitato e Wu Ming 4 non può che scusarsene. Ringraziamo per la segnalazione, che tornerà utile per l’eventuale pubblicazione del testo della conferenza.
L’AIST ammette che vi è
stata da parte di Guglielmi “un’interpretazione errata del passaggio”, ma
questo non lo assolve ma anzi conferma ancor di più quanto sia stato
azzardato chiamare lectio magistralis la
sua “Conferenza”. Su Arwen non è stata una svista ma la dimostrazione di quanto
la conoscenza di Guglielmi del Signore
degli Anelli sia prevalentemente basata sul film e non sul libro. Ricordo
una discussione recente che ha visto proprio Wu Ming 4 sostenere, riferendosi al
libro, che le guardie del re di Rohan, contravvengono agli ordini del loro
sovrano, lasciandosi irretire “dall’astuzia di Gandalf, il quale spaccia il
bastone per quello della sua vecchiaia”. Quello è ciò che accade nel film, non
nel libro. Infatti, Tolkien scrive:
Il bastone nelle mani di uno stregone potrebbe essere più di un semplice sostegno’, disse Hama osservando il bordone di frassino a cui si appoggiava Gandalf. ‘Tuttavia, nel dubbio, un uomo di valore avrà fiducia nella propria saggezza. Vi credo amici e gente d’onore, priva di intenti malvagi. Entrate pure. (ISdA, III, vi, Rusconi 1999, p. 623).
Concludendo. In Italia, e
penso davvero di non poter essere smentito, al momento non ci sono studiosi
della vita e delle opere di Tolkien capaci di tenere lectio magistralis. In molti si sono messi in cammino per
raggiungere il livello di conoscenza e preparazione che in altri paesi è ormai
stato raggiunto. In Italia ci sono studiosi di prima fascia che nei
loro rispettivi campi di ricerca hanno dimostrato di eccellere ma che sono
sicuro mai accetterebbero che in un evento di così grande portata come il
Salone di Torino la loro conferenza fosse definita lectio magistralis. Federico Guglielmi è un lettore di
Tolkien, apprezzato da alcuni per le sue conferenze, di certo preparato in
altri campi (?) ma di sicuro non in quello tolkieniano e che ha una grande
considerazione di sé. Lo stesso che in una conversazione pubblica, rispondendo
a un ammiratore che elogiava (!) il suo lavoro su Tolkien, scrisse che: “Solo
che mentre in ambito anglosassone avrei alle spalle gente come Tom Shippey e
Peter Jackson, cioè il Settimo Cavalleria, qui in Italia è piuttosto uno
scenario da spaghetti western… cioè più o meno io contro tutti” (8 aprile 2009).
Per carità, Guglielmi rispose con ironia ma forse tenendo a mente quel detto popolare che “a scherzare si dice sempre ciò che si pensa
veramente”.
È chiaro che in questa
scelta di assegnare alla “Conferenza” di Guglielmi il titolo di lectio magistralis l’’AIST avrebbe dovuto riportare il suo massimo esponente con i piedi per terra , ma volutamente ha scelto di assecondarlo. È probabile che l'associazione guidata da Roberto Arduini si sia lasciata sedurre (e forse perché le fa comodo) dalla notorietà, vera o presunta, del nome-non nome apprezzato però
più nelle opere collettanee (o del collettivo) che in solitaria (su tutti
ricordo il “romanzo” Stella del mattino da me recensito), scegliendo di abbandonare la possibilità di chiamare un vero “maestro” anche
se proveniente dall’estero e a cui nessun italiano avrebbe avuto da ridire ma
solo da imparare. Sarà per la prossima volta, quando si spera di poter
assistere ad una vera Lectio Magistralis
in onore di Tolkien, che accadrà se a celebrare il 'gigante' Tolkien ci saranno le stesse persone di questa edizione, a meno che questo non sia il massimo che possa offrire il Salone del Libro di Torino..