Il Signore degli Anelli
di J.R.R. Tolkien
A cura di Quirino Principe
Traduzione di Vicky Alliata di Villafranca
Introduzione di Elémire Zolla
Rusconi, Milano, 1977, pp. 1366
Illustrazione di copertina di Piero Crida
Rilegato con sovraccoperta
Il libro è firmato da Piero Crida.
Note di copertina
Il Signore degli Anelli
è un romanzo d'eccezione, al di fuori del tempo: chiarissimo ed enigmatico,
semplice e sublime. Esso dona alla felicità del lettore ciò che la narrativa
del nostro secolo sembrava incapace di offrire: avventure in luoghi remoti e
terribili, episodi d'inesauribile allegria, segreti paurosi che si svelano a
poco a poco, draghi crudeli e alberi che camminano, città d'argento e di
diamante poco lontane da necropoli tenebrose in cui dimorano esseri che
spaventano solo al nominarli, urti giganteschi di eserciti luminosi e oscuri; e
tutto questo in un mondo immaginario ma ricostruito con cura meticolosa, e in
effetti assolutamente verosimile, perché dietro i suoi simboli si nasconde una
realtà che dura oltre e malgrado la storia: la lotta, senza tregua, fra il bene
e il male.
Leggenda e fiaba, tragedia e poema cavalleresco, il romanzo di
Tolkien è in realtà un'allegoria della condizione umana che ripropone in chiave
moderna i miti antichi.
Il Signore degli Anelli ha
ottenuto in pochi anni un successo straordinario: tradotto in diciotto lingue,
dal polacco al giapponese, è diventato un livre de chevet fra i giovani di
tutto il mondo.
L'autore, John Ronald Reuel Tolkien, (1892-1973), massimo
studioso di letteratura inglese medievale e anglosassone, scrisse la trilogia
nell’arco di quattordici anni nel periodo in cui era professore ad Oxford. Il
romanzo è venuto crescendo tra le dita allo studioso innamorato dei suoi studi
severi, delle sue rune, delle sue leggende, di cui si sentono qui le molte
suggestioni e risonanze: lo splendore azzurro e dorato dei paesaggi, l'orrore
«celtico» di certe creature, il suono bronzeo o argenteo dei nomi di persone e di
luoghi.
Come scrive Elémire Zolla nella sua Introduzione, «Tolkien
riparla, in una lingua che ha la semplicità dell'anglosassone o del
medioinglese, di paesaggi che pare di avere già amato leggendo Beowulf o Sir
Gawain o La Mort Arthur, di creature campate tra il mondo sublunare e il terzo
cielo, di archetipi divenuti figure». C.S. Lewis ha scritto a sua volta: «non è
immaginario il mondo che Tolkien ha proiettato, così molteplice, vero e
completo nella sua intima coerenza. Nessun altro mondo è così palesemente
oggettivo, purificato da ogni psicologismo individuale legato all'autore»; e
Richard Hughes: «Per l'ampiezza dell'immaginazione [il romanzo] umilia ogni
termine di confronto; la sua vivacità, la sua felicità narrativa trascinano il
lettore da una pagina all'altra». E Auden infine: «È un libro di incredibile
felicità».
Per il lettore italiano la pubblicazione del Signore degli
Anelli è un'occasione importante per riacquistare il gusto del romanzo, inteso
non come una gratuita successione di avvenimenti o come una gelida operazione
sul linguaggio, ma come una narrazione che sia allusione a verità permanenti,
uno stimolo a riflettere sul mistero della vita e della morte. Un classico,
insomma, fiorito inaspettatamente in una società che pare in preda alle forze
tenebrose descritte da Tolkien.