Il
Silmarillion
di J.R.R. Tolkien
A cura di Christopher Tolkien
Traduzione di Francesco Saba Sardi
Euroclub (su licenza Rusconi), Milano, 1987, pp.
Illustrazione di copertina di Oliviero Berni
Rilegato con sovraccoperta
Quarta di
copertina
IL SILMARILLION
iniziata nel 1917 e portata a termine dal figlio, è
considerata l'opera «prima» di Tolkien, e non solo cronologicamente: essa
costituisce la base del repertorio mitico da cui sono derivati «Il Signore
degli Anelli» e «Lo Hobbit».
Seconda di copertina
Il Silmarillion, iniziato nel 1917 e la cui
elaborazione è stata proseguita da Tolkien fino alla morte, rapresenta il
tronco da cui si sono diramate tutte le sue successive opere narrative.
"Opera prima", dunque (ma anche "ultima", e di tono assai
diverso, ben più elevato delle altre), essa costituisce il repertorio mitico di
Tolkien, quello da cui è derivata, direttamente o indirettamente, la filiazione
delle sue favole, da Lo Hobbit a Il Signore degli Anelli, da Il cacciatore di
draghi ai racconti di Albero e Foglia. Si tratta di un'opera che, nella vasta
produzione di Tolkien, occupa una posizione di primato, non soltanto temporale,
ma anche e soprattutto tematica e formale. Vi si narrano gli eventi della Prima
Età, alla quale di continuo si rifanno, come a un necessario antecedente e a
una chiave interpretativa, i personaggi e le vicende de Il Signore degli
Anelli. I tre Silmaril, nucleo simbolico della narrazione, la cui perdita e
tentata riconquista costituiscono lo schema della vicenda, sono gemme tenute in
altissimo conto dagli Elfi, ma concupite anche da Melkor-Morgoth, primo Signore
delle Tenebre, perché contengono la Luce dei Due Alberi di Valinor distrutti
dall'Avversario.
Vera e propria mitologia i cui modelli ideali vanno
ricercati nella tradizione celtica altomedievale, Il Silmarillion, che
comprende cinque racconti legati come i capitoli di un'unica "storia
sacra", narra la parabola di una caduta: dalla "musica degli inizi",
il momento cosmogonico, alla guerra, eroica quanto disperata, di Elfi e Uomini
contro l'Avversario. L'ultimo dei racconti costituisce l'antecedente immediato
del Signore degli Anelli, sorta di prefazione elaborata nei toni epici che
caratterizzano tutto quel grande "pentateuco" che è Il Silmarillion.
Il quale non è un romanzo né una favola, bensì un'opera unica nel suo genere,
forse l'unico tentativo coerente, compiuto in tempi recenti, di costruire un
vero e proprio edificio mitico imperniato sulla fondamentale antitesi tra brama
di possesso e poteri creativi, tra amore per la bellezza suprema e volontà di
dominio, insomma tra "essere" e "avere": un'antitesi
cantata nel linguaggio, sublime e semplice insieme, che è proprio dell'antico
epos. Mai pubblicato vivente l'autore per la sua qualità di work in progress,
Il Silmarillion vede finalmente la luce grazie all'opera paziente del figlio
dell'autore, Christopher, che ha compiuto un attento lavoro di ricerca e
collazione sui manoscritti lasciati dal padre.