Tanti
gli eventi promossi per comprendere la Grande Guerra, che ha in quel 28 giugno
1914 con l’attentato di Sarajevo l’innescò della che il 28 luglio successivo
portò al più sanguinoso conflitto del secolo scorso. Tra le inziative di pregio
sicuramente è da annoverare “L’autista moravo”,
un progetto crossmediale promosso da Radio Popolare
con la collaborazione di Lapsus.
L’iniziativa
entra nel vivo dal 30 giugno 2014 e dal lunedì al venerdì, alle 10.40, per
venti minuti fino al 1 agosto, con una trasmissione quotidiana per capire la
Grande Guerra.
Si
legge sul sito di Lapsus:
Dopo
aver partecipato al Festival èStoria 2014, a Gorizia, dedicato al tema “Trincee”
ed aver “viaggiato nel tempo” tornando a Sarajevo nelle settimane scorse, con
un viaggio che ha coinvolto anche gli ascoltatori di Radio Popolare, ora,
grazie alle analisi di Gian Enrico
Rusconi, Ian Beckett, Giovanni De Luna, Hew Strachaw, Ada Gigli Marchetti, Max
Hastings, Barbara Bracco, Nicolas Offestandt, Paolo Mieli e molti altri ancora cercheremo di capire – da diversi
punti di vista – perché nel luglio 1914 le elites politiche e militari decisero
di mandare al macello un intero continente. Scopriremo come la musica, la
letteratura, la cultura assorbivano lo scontro tra interventisti e pacifisti;
come la Grande Guerra li ha trasformati.
È
possibile ascoltare la puntata radiofonica su Radio Popolare o scaricare il podcast sul sito
dedicato al progetto “Autista moravo”.
I
promotori del progetto, ispirandosi liberamente ai TED (Technology Entertainment Design) hanno chiesto a docenti
universitari, giornalisti ed esperti di spiegare le svolte decisive impresse
dalla Prima Guerra Mondiale, animati dalla convinzione che per arginare lo
spirito bellico dell'uomo non basta demonizzare la guerra, ma bisogna
conoscerla da vicino.
Tra
le tante interviste, da
segnalare ai tanti tolkieniani l’intervista a Verlyn Flieger su Tolkien e la
Grande Guerra. La Flieger fu ospite al Festival
èStoria 2014 assieme a John Garth
e Sebastiano Fusco, intervistati da Gianfranco de Turris.
Questa
l’intervista alla Flieger ai microfoni di Radio Popolare e a seguire il testo tradotto
in italiano dell’intervista recuperato in rete.
Il soldato Tolkien
di Verlyn Flieger
Tutto
il suo mondo immaginario la Terra di Mezzo, Arda è legato alla guerra, deriva
dalla sua esperienza con la guerra. È permeato dalla presenza della guerra. È
un leggendario molto malinconico, non solo Il
Signore Degli Anelli, ma anche Il
Silmarillon, che è il suo antefatto; si narra di guerre e conquiste, dei
motivi per i quali le persone ritengono di doversi combattere l’una con l’altra.
E Il Signore degli Anelli, che è il
suo lavoro più famoso, parla di uomini in guerra, parla dell’anticipazione
della guerra, dello sconfinamento della guerra nelle vite della gente
pacifica,della necessità che segue alla convinzione per cui bisogna combattere
per proteggere le cose alle quali si tiene e che si vuole custodire.
E
parla di tutto ciò che perdi durante una guerra: perdi la tua innocenza, perdi
l’ignoranza perché vieni a scoprire più cose del mondo di quelle che vorresti
conoscere.
Per
i tuoi amici.
Tolkien
disse: quando stava scrivendo l’introduzione a Il Signore degli Anelli lui disse che la prima guerra mondiale fu
addirittura peggiore della seconda guerra mondiale la Prima Guerra Mondiale era
la sua guerra, la guerra durante la quale lui era al fronte, in Francia sulla
Somme. E, lui disse...
“Arrivati
al 1918, tutti i miei più cari amici, tranne uno, erano morti, erano stati
uccisi durante la guerra”.
Tolkien,
dopo la guerra, come autore, faticò molto a trovare un senso a quella
carneficina, a tutte le battaglie e alla morte di quei giovani, in entrambi gli
schieramenti.
Tutto
ciò gli sembrava così futile, ma allo stesso tempo incombente e terribilmente
reale.
Per questo i suoi eroi: sono
hobbit, sono piccoli uomini.
Non
persone grandi, superbe, importanti, ma la gente ordinaria, quella a cui
nessuno presta attenzione; che sono coloro che finiscono a fare la carne da
macello in una guerra.
I
suoi hobbit, i suoi quattro hobbit: Frodo, Sam, Merry e Pipino. Tutti vedono
diversi aspetti della guerra.
Tornano
tutti indietro, ma tornano tutti cambiati. E tornano a casa con il ricordo di
tutti quelli che non sono tornati. L’ultimissima riga del libro recita: “sono
tornato”. L’ironia è che, dietro a questa frase, ci sono tutti coloro che non
sono tornati che non possono tornare perché sono morti. Credo che il suo
lavoro, se considerato superficialmente, sposi la monarchia, perché si parla
della restaurazione di un diritto regale. Ma il suo credo politico, per come
emerge nel libro, è molto liberale. Non era né di sinistra né di destra,
secondo la concezione odierna. Era profondamente conservatore nel senso più
letterale del termine, cioè di voler conservare, tenere stretto e preservare
ciò che credeva fossero i grandi doni della civiltà. Una volta ha detto, dopo
aver prestato servizio nell’esercito nella Prima Guerra Mondiale, di non poter
contemplare una situazione in cui potesse essere considerato legittimo per
alcuni uomini dare ordini ad altri uomini, e di decidere delle loro vite in
modo assoluto. Disse anche, un’altra volta, un po’ per scherzo, ma era uno
scherzo serio: “se dovessi dare il mio supporto ad un sistema politico sarebbe
l’anarchia”. E non intendeva persone che tirano bombe, ma il diritto di ogni
essere umano, uomo o donna, di fare le proprie scelte, di regolare la propria
vita e di vivere un’esistenza libera dalla dominazione di un governo o di altri
esseri umani. Pensava che i governi e gli individui gli hobbit, la piccola
gente, dovessero lavorare in simbiosi l’uno con gli altri.
Per approfondire il tema “Tolkien e la Grande Guerra” si consiglia l’omonimo volume di John Garth tradotto in italiano da Lorenzo Gammarelli.