Il 30 dicembre 2016, sulla pagina dell'Associazione Italiana Studi Tolkieniani guidata da Roberto Arduini, è stato pubblicato un testo simpaticamente definito "recensione" a firma di Federico Guglielmi, noto con lo pseudonimo di Wu Ming 4 (trovate il link alla fine della mia risposta). Un lungo testo dove si citano 9 pagine del libro e di queste 5 delle mie 440, e 4 delle 6 firmate da de Turris nell'introduzione. Da molti è stata considerata una resa dei conti più che una riflessione sul mio libro, ma ho pensato fosse giusto citare lo scritto di uno dei miei assidui lettori (Wu Ming 4 ha recensito anche il mio libro su "Tolkien l'esperantista"). Ho risposto al mio lettore Wu Ming 4, e la trovate tra i commenti al suo testo. Non ho ottenuto lo stesso spazio dall'associazione di cui WM4 è socio fondatore e per questo ho deciso di pubblicarlo anche su questo blog.
Buona lettura!
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Ricevere in poco più di due mesi le attenzioni di
Wu Ming 4 su due miei libri mi lusinga alquanto e, allo stesso tempo, mi
provoca un sincero disagio per il non aver ancora rimediato nel dare la giusta
attenzione a ciò che egli ha donato alla letteratura tolkieniana. Ma sul mio
terzo libro che recensirà, (lo farà giacché ormai lo annovero tra i miei
assidui lettori), non mi farò trovare in fallo.
Dopo la prima recensione (?) al testo che presenta
scritti di studiosi come John Garth, Arden Smith e Patrick Wynne, che si apriva
con l’ammissione dello stesso Wu Ming 4 di scrivere “all’ombra di un
pregiudizio culturale” nei miei confronti, cosa mi sarei dovuto aspettare?
Premetto che so quanto il pensiero di WM4 non
corrisponda a quello di molti soci dell’AIST, di cui apprezzo cultura e onestà
intellettuale, ma nel senso di pluralità, ringrazio l’AIST per aver pubblicato
il pensiero di un suo socio, che da presentazione della stessa, è:
“autore di diverse pubblicazioni dedicate a J.R.R. Tolkien, l’ultimo dei quali “Difendere la Terra di Mezzo” in cui è riuscito brillantemente, come scrive lui stesso, a «divulgare alcune tesi e punti di vista sull’opera di Tolkien che sono soprattutto patrimonio della comunità degli studiosi e di renderli accessibili a una platea più vasta», oltre a presentare acute analisi su temi e personaggi delle opere di Tolkien.”
Sorvolando sul darsi del brillante da solo [Cicero pro domo sua] sottolineo quel “Divulgare alcune tesi e punti di
vista sull’opera di Tolkien”. “Alcune”. Perché è bene tenere a mente, nella
lettura del socio AIST, che alla base vi è una scelta compiuta dallo stesso su
ciò che merita di essere divulgato e ciò che va consegnato all’oblio.
Chiaramente ciò che decide lui è Verbo e merita di essere proclamato Urbi et Orbi
e così è se vi piace.
L'AIST propone lo scritto di WM4 “lietamente” perché, avverte, lui i “libri li legge e li analizza in profondità”.
E mai come in questo caso si è davvero toccata la profondità!
L'inizio di WM4 è scoppiettante giacché:
Primo: “Tolkien non ha mai nemmeno immaginato di
poter condividere a metà la copertina di un libro con uno sconosciuto”. Però
diventare, assieme alla sua famiglia, addirittura protagonista di un romanzo, è possibile soprattutto se a scriverlo è stata la mano del "noto" biografo e difensore tolkieniano WM4 nel 2008. Si badi,
non una biografia, ma un romanzo nel quale Tolkien, sua moglie e altri si
muovono, parlano e pensano (Tolkien è citato 137 volte e sua moglie Edith,
altre 50, come indica la ricerca sul pdf). Un lavoro molto probabilmente
autorizzato dalla famiglia Tolkien, con la quale WM4 ha sicuramente mantenuto
una lunga corrispondenza per conoscere abitudini e pensieri del professore di
Oxford. Sai quale onore per la famiglia Tolkien vedere i propri cari
protagonisti di un siffatto romanzo! Aggiungo che nel suo romanzo, giusto per intenderci quale conoscenza abbia il Wu Ming 4 della vita del professore di Oxford, alla fine del capitolo 8 si legge:
[Tolkien] Si fece il segno della croce e pregò per le anime dei vecchi amici, fino a che non sentì il tocco caldo di una mano sulla spalla
- E' tardi. Vieni a dormire.
Le cinse la vita con un movimento goffo. Lei [Edith, sua moglie] lo baciò sulla guancia e gli fece scivolare un sussurro nell'orecchio
- Ti spetta il riposo, mio dolce Beren.
Ronald sorrise, si alzò e le accarezzò il volto minuto.
- Soltanto tra le tue braccia, luminosa Lùthien. - disse, mentre la tirava a sé e guardava oltre la chioma soffice.
Bene, in una lettera a suo figlio Christopher dell'11 luglio 1972, Tolkien scrisse testualmente "Non ho mai chiamato Edith Luthien". Si dirà che è un romanzo e che lo stesso Wu Ming 4, alla fine del volume, avverte il lettore che "Tuttavia mi sono preso la libertà di colmare alcuni buchi nelle loro
biografie". Però più che colmare i buchi credo abbia proceduto a cancellare ciò che di certo si sapeva delle loro vite. Ma lui è WM4 e il suo compito è difendere la Terra di Mezzo! Ma lì, il discorso cambia e “tutto va bene, madama la marchesa”! (Si metta a verbale che non utilizzo come titolo nobiliare il baronale, per non essere accusato di apologia evoliana.)
Secondo: “Tolkien non ha mai scritto un testo
intitolato Il mio viaggio in Italia”. Infatti, il titolo riporta una frase
scritta di Tolkien e che ho riportato a pagina 66 del libro – all’attento e
profondo lettore questa è sfuggita! – annotata durante la visita sull’isola di
Torcello nell’agosto 1955. È possibile riportare una sua frase o è peccato? Che
abbia poi chiamato il suo diario “Giornale d’Italia” il lettore lo legge nel
libro. Senza trucco e senza inganno.
Terzo. “È falso che si tratti di un inedito”. Mi
spieghi l’estensore se quel testo è stato “edito, cioè non ancora pubblicato, non
divulgato per mezzo della stampa” (santo vuol essere il dizionario Treccani on
line) in ITALIA. Ripeto, per i residenti oltre oceano, ITALIA. Ha per caso
letto di una mia vanteria su una scoperta eccezionale e inedita nell’intera
galassia? Non credo se, come poi ammette lo stesso “attento e profondo”
lettore, lo spiego a pagina 63. Resta, che in ITALIA fino alla pubblicazione
nel mio libro, il testo era inedito.
Dopo aver vivisezionato la copertina, come ogni
attento e profondo lettore fa, finalmente WM4 apre il libro e che ci trova? La
Prefazione di due autori che egli stesso definisce “i più pedissequi
compilatori e cronologi dell’opera e della vita di Tolkien”: Scull e Hammond.
E
come la definisce? Di “ben quindici righe” che forse, per chi scrive fiumi di
tutto per non dire nulla, non meritavano di essere inserite. Perché è possibile
dire tanto anche in solo venti righe (non 15, come erroneamente contato
dall’attento e profondo lettore). Ma WM4, che fa? Di quelle “15 righe” cita
solo l’ultimo passaggio, il ringraziamento «per avere dato un contributo così
utile alla letteratura della bibliografia e biografia di Tolkien, da una
particolare prospettiva italiana» (p. 5). Ritenendo di poco conto ciò che i
due, non sconosciuti, riferendosi alla loro monumentale opera di ricerca e al
prosieguo da parte di altri studiosi – non “difensori” – scrivono che la loro
“speranza e questa consapevolezza sono state entrambe soddisfatte, non da
ultimo, da Oronzo Cilli in Tolkien e l’Italia”. E che anche dopo il loro immane
lavoro, il sottoscritto, “tuttavia, è andato diligentemente alla ricerca della
storia delle opere di Tolkien pubblicate in Italia, e con un’ampiezza e una
profondità ammirevole ha scavato in aree di archiviazione mai esplorate prima”.
Cose di poco conto per chi frequenta i piani alti. Per un appassionato
collezionista “compulsivo” e per giunta sconosciuto, vuol dire tanto se a
scriverlo sono “i più pedissequi compilatori e cronologi dell’opera e della
vita di Tolkien”. E qui mi lascio prendere la mano pensando a quanto
bella è la nostra lingua se alla stessa parola, riferita a qualcosa o a
qualcuno, assume un significato diverso come nel caso di “profondità” che in
base alla situazione può riferirsi a “chi tocca il fondo” o a chi compie
un’azione con “serietà”.
Ora, se Scull e Hammond non avessero citato due
paroline che hanno illuminato lo sguardo dell’attento e profondo lettore, con
molta probabilità la prefazione sarebbe stata ignorata: particolare
prospettiva. E, infatti, sono quelle due semplici parole che segnano la
differenza tra chi state leggendo ora e WM4. Tra chi sceglie
brillantemente (se l’è detto da solo il WM4) di «divulgare alcune tesi e punti di
vista sull’opera di Tolkien» e chi sceglie di ricostruire una storia con tutto
ciò che può servire a un lettore per farsi una propria idea. Di chi prende pezzi di discorso per tracciare una
propria tesi e chi cerca di presentare le cose in modo obiettivo e non di
parte. Di chi scrive per se stesso e per il proprio “brillamento”, e chi per i
lettori e, nel caso del mio libro, per chi vuol approfondire con nuove e magari
più approfondite ricerche. È in quest’ultimo passaggio che sta il senso della
prefazione di Scull e Hammond. Ma WM4 sceglie di citare l’ultimo passaggio perché
contiene la frase «da una particolare prospettiva italiana», dimenticando che
chi l’ha scritta non ha, per fortuna, la visione ideologica di taluni italiani
(una è inglese e l’altro è americano) e che alla parola “prospettiva” gli assegna
un significato diverso. Ma per WM4, che ben conosce la differenza, questo poco
importa, perché alla fine è funzionale alla tesi che esporrà in seguito per
criticare, non il testo in sé, ma la sua introduzione. Non a caso in un
articolo dove si tira in ballo tutto e di più, l’attento e profondo lettore
cita 9 pagine del libro e di queste 5 delle 400 scritte dal sottoscritto, e ben
4 delle 6 scritte da Gianfranco de Turris. Perché è questo il cuore del suo
scritto e che, con una certa onestà intellettuale, avrebbe meritato un titolo
diverso a quanto scritto. Anziché “Tolkien e l’Italia: la recensione di Wu Ming
4” (che serve più ai motori di ricerca), un “Wu Ming 4 sull’introduzione di
Gianfranco de Turris a ‘Tolkien e l’Italia’”.Un’introduzione che stanca e ruba tempo all’attento
e profondo lettore al punto da arrivare a fargli scrivere “E’ con questi buoni
auspici che comincia finalmente il libro”. Finalmente… chi non ha ancora letto
il libro, avrà pensato a un’introduzione di quelle che occupano fiumi di
pagine.
Digressione 1: Mi viene alla mente il libro Il ritorno di Beorhtnoth figlio di
Beorhthelm di Tolkien pubblicato da Bompiani composto di 108 pagine e di
queste 26 con un saggio di Tom Shippey (noto perché pubblicato nel 1991), 62
con i due testi di Tolkien (di cui 26 del testo già pubblicato in “Albero e
foglia” nel 1976, e 14 della traduzione di de Turco pubblicata per la prima
volta l’anno precedente), 13 pagine bianche (magari per scrivere una nuova
versione della Battaglia di Maldon!) e 14 pagine d’introduzione del curatore:
WM4. Praticamente un libro che ha di nuovo solo l'introduzione di WM4 di cui si poteva fare di certo a meno.
E invece l’introduzione di de Turris consta di ben…
udite udite.. 5 pagine spalmate su 6, in un libro formato 17×24 e di 444
pagine! Sei pagine sulle quali si forma tutto il pensiero
dell‘attento e profondo lettore. E sì, perché de Turris mi elogia e questo perché per WM4 io sarei il “suo
pupillo” (e detta a de Turris che ha problemi di vista, appare una brillante
ironia… ma non è questo il caso), e non che abbia riconosciuto il lavoro di ricerca e
costruzione di una storia da sempre lasciata al pressappochismo di chi non
voleva far ricerca sulle fonti primarie limitandosi a questa o quella
notizia di terza mano utile però alla propria visione e tesi. Ma per WM4 “Galeotta fu
l’introduzione e chi la scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante”,
citando non a caso Dante, poiché il suo giudizio sul mio libro nasce e si ferma lì..
Finalmente WM4 arriva al mio lavoro. Lo annoia la prima parte in cui scrivo, ad esempio, del Linguaphone, il corso di lingua inglese che conteneva due registrazioni di Tolkien e venduto in Italia durante il periodo fascista, durante il quale si difendeva l’italianità – al limite anche del ridicolo – di qualunque cosa, lingua compresa. Oppure di un riferimento a un disegno di Tolkien del 1914 intitolato “tarantella” (nome tipico angloterrone parlato nelle zone meridionali della Pugliashire!), riportando una similitudine anche con Shelob nel Signore degli Anelli, ripresa da un lavoro di Annarita Zazzaroni dell'Università Complutense di Madrid, una delle più antiche e prestigiose università spagnole. E tante altre informazioni come i riferimenti di Tolkien nei testi accademici italiani degli anni Trenta e Quaranta alla luce anche di chi sosteneva fino a pochi mesi fa che il professore di Oxford era ignorato ed escluso dal mondo accademico italiano. Ma no, quella è fuffa inutile per chi cerca la ciccia!
E la ricostruzione della partecipazione di
Tolkien, per dieci anni (non 2 settimane) alle riunioni della Dante Society di
Oxford? Per WM4 sono poca cosa raccontare delle riunioni di un cenacolo oxoniense
che esaltava il più grande italiano, composto di poco più di dieci
persone e tra questi, oltre Tolkien, due italiani e un tizio di nome C. S.
Lewis. E persino il testo, inedito in Italia, che introduce il discorso tenuto
da Tolkien in una di queste riunioni sul tema della "Lusinga" in Dante? Robetta, direbbe chi ha frequentato le scuole alte. Ma stiamo scherzando? Meglio la cronaca
degli incontri di un gruppo di pseudo rivoluzionari in un bel box nella
periferia più periferica.
E poi la chicca… Per Wu Ming 4, avrei dovuto
riportare il diario che Tolkien tenne durante il suo viaggio in Italia
eliminando tutte le informazioni che a suo dire possono interessare “soltanto
il feticista della ricostruzione biografica, interessato a cosa mangiò Tolkien
nel tal ristorante, o al percorso che compì per raggiungere Piazza San Marco
dal suo albergo”. E qui è davvero dura da capire perché in un saggio che ricostruisce la storia tra Tolkien e l'Italia, secondo il difensore WM4, io avrei dovuto tagliare dei dettagli che lui stesso
ritenne opportuno annotare. Si poteva fare solo la mano fosse stata quella dell'attento e profondo scrittore di WM4 già allenato al taglia e cuci nel suo "Stella del mattino". Altra frivolezza per WM4 è
l’aver ricostruito con documenti – mai accaduto prima in Italia – il diniego
della Mondadori a pubblicare Tolkien in Italia e per ben due volte. Nel 1955 e
nel 1962. Quella parte, WM4 la liquida in poche battute, giusto per far capire
che “io il libro l’ho letto veramente”.
Digressione 2: sulla scelta di cosa mettere o
togliere nei miei prossimi lavori, ho in mente di creare un app. dove inserirò
tutte le parti del futuro libro e il lettore, guidato dal tutor chiamato WM4, sceglierà
come assemblarsi il volume, che gli arriverà a casa stampato assieme a una bottiglia
di vino rigorosamente sud americano.
Andiamo avanti con la seconda parte del libro che
per WM4 è “davvero interessante”, ma non lo è nella ricostruzione, anche questa
assolutamente inedita, della pubblicazione con Astrolabio nel 1967 (altri 30
documenti inediti che si aggiungono ai 20 della Mondadori), ma per l’arrivo in
Rusconi. E qui si conferma l’intento di WM4: liquidare le
prime cento pagine in fretta e furia senza mai citare una pagina, dico una, o
soffermarsi su quanto scrisse, ad esempio, Elio Vittorini di Tolkien (una vera
chicca!), per arrivare subito al presunto cuore (che non lo è) del libro.
Il cuore, nel discorso di WM4, è quello che va dal
1970 al 1981. Stop. La storia di Tolkien, per lui, in Italia inizia e termina lì.
Tenendo ingabbiati chi visse quel periodo e chi si dispera per non averlo
vissuto.
E su quel decennio, WM4 si sbizzarrisce e dedica
fiumi di parole come se ne fosse stato un protagonista attivo. Eppure, la
“maniacale e minuziosa” ricerca del collezionista sconosciuto e compulsivo (definizione data al
sottoscritto), di lui non ha mai trovato traccia degna anche di una minima menzione, se non a partire dai film di Peter
Jackson quando si è autoeletto “difensore della Terra di Mezzo”. Cosa che Tolkien
avrebbe approvato e sostenuto di certo... nel mondo di WM4 però.
Per chi vi sta scrivendo, quello fu un decennio che
appartiene alla storia, e la mia ricostruzione fatta di documenti (come lo
stesso WM4 ammette), testimonianze, opinioni e tesi espresse allo stesso modo
dai protagonisti che in quegli anni scelsero di vivere la propria freschezza
(autocensuro la parola “giovinezza” per ovvi motivi) negli ambienti che
l’ottocentesca definizione bollò con destra e sinistra, punta a quello. Consegnare ciò che si è detto e fatto alla storia, strappandolo di mano a chi vorrebbe
ancora utilizzarle per qualcosa di diverso. Come spiego nel mio libro, quella
stagione in realtà si è chiusa dopo l’uscita della Compagnia dell’Anello nel
2002 ed è giunto il momento che, carte alla mano, il lettore di oggi sappia cosa scrissero di Tolkien intellettuali, politici e sindacalisti in quegli anni.
Nel testo di WM4 sono accusato prima di dar man
forte alle tesi di de Turris, poi che mi lascio a conclusioni banali quando
cerco di mostrare che “ognuno applicava l’opera di Tolkien alla propria
contingenza storica e lo leggeva dalla propria angolazione, ma condividendo la
stessa insofferenza verso le cariatidi e i sepolcri imbiancati che dominavano
la società italiana”. E quindi, sempre secondo WM4, “la
ricostruzione è funzionale a una visione conciliante e pacificatoria, dalla
quale tutti escono assolti e tutti vengono mantenuti in gioco. Pace libera
tutti.” Prima sarei il pupillo di de Turris perché “lo avrei confortato in quello che
lui ha sempre sostenuto”, poi conciliante e pacificatore. Il tutto perché non
spiego dove stavano i cattivi e dove i buoni, ma mi limito a dire che forse
nessuno poteva, e può, scegliere da che parte stare. Perché o si sta dalla
parte di Tolkien, e sappiamo cosa pensasse di questi comportamenti (TUTTI,
nessuno escluso) o si sta in un altrove che con lui non ha nessun legame.
Inoltre, per WM4 scrivo “Pagine e pagine sul
contesto e nemmeno una riga sul testo”. Anche se nel testo entro nel merito
della traduzione italiana del Signore degli Anelli e dello Hobbit,
storicizzandola e sfatando storie di quarta mano, il mio libro non ha
quell’intento, ma ricostruisce il legame tra Tolkien e il nostro paese e la sua
storia editoriale. Cosa che sembrava aver intuito lo stesso WM4 anche se poi scrive “Non si sconfina mai, nemmeno di un millimetro, nel territorio della
critica letteraria o della poetica, si rimane in equilibrio sul margine
esterno, collezionando pareri altrui, messi tutti sullo stesso piano in una
sorta di grande melassa, o piuttosto cortina eretta per celare l’evidenza”. Niente, è più forte di lui. È come se si andasse al cinema a vedere un documentario sull'accoppiamento delle orche e all'uscita la domanda posta dal tuo accompagnatore ripeta all'ossessione del perché non c'erano gli zombie. Non entro nella poetica e nella critica letteraria, lo ripeto, perché la mia è una ricostruzione storica che ha, come punto di forza, proprio la ricchezza
di documentazione di cui tantissimi, WM4 compreso, ne ignoravano l’esistenza.
Poi, a quale evidenza si riferisca WM4 l’ho già spiegata ed è del tutto nata e
partorita nella sua testa.
Lascio stare la ricostruzione sugli scritti passati
di de Turris che mi confermano solo l’idea di un titolo sbagliato dato allo
scritto di WM4 e di una diatriba unilaterale (a de Turris, WM4 interessa tanto quanto a un'eschimese interessi un congelatore) che va oltre il mio libro e tocca davvero il fondo.
Concludo (ed era ora, dirà qualcuno di Bologna).
WM4 è come chi un tempo, sulle piazze pubbliche,
vendeva rimedi che decantava come miracolosi o come quelli che, alle feste
patronali, riempiono di parole l’ignara signora affinché sappia che loro, e
solo loro, dispongono, del miglior prodotto sul mercato. La sua è una finta
recensione nella quale ha volutamente ignorato tutto ciò che lo stesso WM4 fino
alla lettura ignorava (e non lo ammetterà mai), dalla ricerca documentale (che
ha riconosciuto in un passaggio ma solo per ricondurla alla maniacalità e
irriderla) che nessuno, né tanto meno lui, ha mai compiuto. Facendo fugaci
accenni, e solo per rendere più bianco il fumo delle parole, a 340 pagine delle
circa 440, riducendole a cose di poco conto, e portando a far credere a chi non
ha letto il libro che le 100 pagine restanti siano in realtà un complotto
letterario per continuare ad alimentare la lettura politica di Tolkien. Completamente falso. In quelle pagine il lettore trova le testimonianze dirette
dei protagonisti con puntuali riferimenti. L’apparato documentale è curato in
ogni dettaglio a supporto di ciò che ho scritto e di chi intende proseguire le
ricerche o verificare così come apprezzato anche da Roberto Arduini, presidente dell'AIST anche se non pubblicamente e per ovvie ragioni di opportunità. Cosa che non ho trovato sfogliando i volumi che avevano la
presunzione di spiegare che il “loro” Tolkien fosse quello vero. Perché lì l’autore
aveva la presunzione di chi pensa che al lettore basti la sua “parola”, la sua
attendibilità, la sua notorietà. Anche quando la citazione riportata è presa a
metà, perché l’altra discorda con la propria visione, o la tesi era stata esposta
prima da qualcun altro e sta male dirlo al lettore. Questo è giustificato per
chi “divulga alcune tesi e punti di vista sull’opera di Tolkien” e non per chi
fa ricerca seria, approfondita e documentata. Io non ho voluto prendere in giro il
lettore con il sentito dire o i si narra. Riporto documenti che non possono
essere smentiti. Ed è forse per questo che si è scelto di non entrare nel
merito di nulla se non nella parte funzionale alla propria tiritera. E quindi,
si scrive del mio interesse per la politica, comune a tantissimi italiani, WM4
compreso, iniziato nel 2004 (io sono del 1977) e concluso nel 2013. Citando due
partiti che hanno governato, nel bene e nel male, questo paese e inserendo,
affinché le vacue parole potessero rafforzare l’inesistente tesi, movimenti e
persone che non ho mai frequentato e conosciuto. E così WM4 doveva trovare il
modo di toccare la profondità tirando in ballo, così come fa in molti suoi articoli in
rete su Tolkien, Julius Evola, al pari di quelle trasmissioni pseudo-scientifiche che tirano dentro ogni puntata gli Ufo e i Templari.
L’altro che WM4 cita sempre è de Turris, ma c’è abbondantemente, e stranamente manca il terzo, Furio Jesi.
In ultimo, chiedo scusa a chi, leggendomi, ha
potuto dar fastidio una certa mia ironia. Ma è l’unico modo serio con cui ho
creduto di rispondere a chi mi appella come: bugiardo; sconosciuto;
collezionista compulsivo (detto poi da chi definisce il suo lavoro
“brillante”!); pupillo; ex-attaché; che pratica nessun lavoro di sintesi o di
selezione e si lascia prendere la mano, raccontando cose che spesso oscillano
tra l’irrilevante e il ridicolo; feticista della ricostruzione biografica; [che
compie un] lavoro certosino che viene al tempo stesso ostentato e usato per
fornire l’autoassoluzione a una compagine politico-culturale.
Confesso, mi ha fatto anche una leggera pena e mi
ha ricordato il mio amico Antonio, detto Ninuccio, e di quando non lo
coinvolgevamo nelle nostre partite di calcio per strada. Non era per razzismo,
ma perché nessuno lo voleva in squadra per via della sua abitudine a fare
autogol e il non voler sentire gli altri, oltre alla naturale chiara incapacità
con la palla. E così, a fine partita ne aveva una per tutti “quello ha le gambe
storte”, “l’altro ha la testa a uovo”, “Tizio ha paura di me”, “Caio sa che io
sono il più forte”, “Sempronio chi si crede di essere? Virdis? e così via mentre, tornando a casa, si convinceva di essere davvero il più forte e che nessuno poteva
batterlo. Ninuccio, all’epoca, aveva 14 anni e oggi, che ne ha 40, ride con noi
di quanto fosse infantile quel suo atteggiamento.
P.S. Ho comprato on line i testi di WM4 perché devo
ricambiare la cortesia e prometto di leggerli con molta attenzione. Non l’ho
fatto prima solo per una questione di tempo. Avevo sfogliato “Difendere la
Terra di Mezzo” in una libreria Feltrinelli con l’intento di acquistarlo anche
in funzione del mio libro. Purtroppo, all’interno la parte documentale
non l’ho ritenuta interessante giacché presente in tanti altri testi in
precedenza pubblicati. Ora è il tempo di farlo. Così come farò con il suo “Stella del Mattino” senza farmi confondere da chi lo ha letto prima di me e lo ha definito “malloppo di
fesserie dentro una copertina".