Il 12 febbraio 2019 Papa Francesco, durante l’udienza
avuta con il prefetto della Congregazione delle cause dei santi, cardinale
Giovanni Angelo Becciu, ha autorizzato la promulgazione di una serie di decreti
del dicastero vaticano per l’elevazione di due nuovi santi, un beato e cinque
nuovi venerabili (due gli italiani).
Quanto autorizzato dal Santo Padre, oltre
a riempirci il cuore, non può lasciare indifferenti chi si occupa di studiare
la vita e le opere di Tolkien poiché tra loro vi sono due figli della Chiesa che sono legati alla vita del professore di Oxford: i cardinali John Henry Newman e József
Mindszenty. Del loro legame con John Ronald Reuel Tolkien avevo avuto modo di
parlarne in due distinti articoli su questo blog nel 2016 ma, alla luce di
questa bella notizia, ritengo utile ricostruire quel rapporto sotto un unico
titolo.
Prima di illustrare qual è il legame tra i cardinali
Newman e Mindszenty e Tolkien, ebbene riassumere le loro sante vite.
Filosofo, teologo e cardinale inglese era il primo
di sei fratelli. Nato a Londra il 21 febbraio 1801 da padre banchiere a madre
discendente da ugonotti emigrati dalla Francia, nel 1808 cominciò a frequentare
la scuola di Ealing e nel 1816, sotto l’influsso del pastore
calvinista Walter Maser, abbracciò la fede protestante. L’anno dopo entrò
al Trinity College di Oxford, ottenendo il Bachelor of Arts e nel
1822 fu eletto Fellow dell’Oriel College. Divenne diacono
della Chiesa Anglicana nel 1824 e coadiutore della parrocchia di St. Clement ad
Oxford e, il 29 maggio 1825, venne ordinato sacerdote anglicano. Dal 1826, e
per sei anni, come tutor nell’Oriel College mantenne contatti con Hurrel
Froude, Pusey e John Keble, Due anni più tardi, e fino al 1843,
divenne parroco nella chiesa universitaria di St Mary. Significativo fu il
viaggio nell’Europa meridionale con Froude, dove ebbe modo di visitare Malta,
la Sicilia, Corfù e Roma incontrando, nel Collegio Inglese, il futuro
Arcivescovo cattolico di Westminster, Nicholas Wiseman. Durante questo
periodo scrisse il poema pubblicato poi due anni dopo, Lyra Apostolica,
e il poemetto nel quale manifestò la sua fiducia nella Provvidenza che lo
avrebbe aiutato a realizzare una speciale missione, Lead, Kindly, Light.
Di ritorno a Oxford, il 14 luglio 1833, ascoltò il
discorso di John Keble, National Apostasy, con il quale si
diede vita all’Oxford Movement, di cui poi Newman divenne la figura più
importante. Con William Palmer, Keble, Froude e Pusey, diede alle stampe,
tra il 1833 e il 1841, Tracts for the Times, composto da 90 saggi e
di questi 26 scritti da Newman, compreso il Tract 90. In quest’ultimo,
Newman rielaborò i trentanove articoli della Chiesa Anglicana in un’ottica
cattolica, che gli valsero la condanna dell’“Hebdomadal Board” dell’Università
di Oxford, con la relativa sconfessione di 42 vescovi anglicani che lo condusse
a lasciare la guida di St. Mary e a ritirarsi nell’aprile 1842 assieme ad altri
amici a Littlemore. Lì maturò la sua conversione alla Chiesa Cattolica mentre
lavorava alla stesura del famoso Essay on development of christian
Doctrine. Durante la permanenza a Roma nel 1846 assieme ad alcuni compagni
anglicani convertitisi al cattolicesimo, e partito senza aver ancora deciso se
entrar a far parte di un ordine religioso o diventare un sacerdote secolare, pensò
di entrare nell’ordine dei Redentoristi ma alla fine preferì l’Oratorio di San
Filippo Neri, Dopo avervi aderito chiese al Papa il permesso di fondare l’Oratorio
a Birmingham e di modificare e rivedere le Costituzioni dell’Oratorio romano in
funzione della realtà inglese. Newman e sei altri compagni iniziarono il
noviziato in un’ala messa a disposizione per loro nell’abbazia di Santa Croce
dove, in pochi mesi, scrissero le Costituzioni, la spiritualità e le tradizioni
dell’Oratorio.
Il 2 febbraio 1848 fu ordinato sacerdote e, su
incoraggiamento dello stesso papa Pio IX, diede vita al primo Oratorio di San
Filippo Neri in Inghilterra che, dopo diversi spostamenti, s’insediò a
Edgbaston, una zona residenziale di Birmingham. Dal 1854 al 1859, Newman
divenne rettore dell’Università Cattolica di Dublino e nel 1878, fu
eletto first honorary fellow del Trinity College di Oxford. Fu
elevato a cardinale il 12 maggio 1879, su istanza di S.E. William
Ullathorne, da Papa Leone XIII, che gli riconobbe “genio e dottrina”. Il motto
scelto dal neo cardinale fu cor ad cor loquitur. Celebrò la sua
ultima Messa in pubblico il giorno di Natale del 1889, per poi lasciare questa
terra nella sua camera a Edgbaston l’11 agosto 1890. L’epitaffio scolpito sulla
sua tomba che egli stesso scrisse fu Ex umbris et imaginibus in
veritatem (Dall’ombra e dai simboli alla verità) a memoria della sua
crescita confessionale.
Il 19 settembre 2010 Papa Benedetto XVI beatificò
John Henry Newman con una cerimonia nei pressi della Casa dell’Oratorio, a
Rednal, dove riposano le spoglie mortali del cardinale, durante il viaggio apostolico
nel Regno Unito.
Per lo studioso inglese Roderick Strange, il
cardinale Newman « Da convertito ha portato nella Chiesa di Roma una
sensibilità tutta inglese, dimostrando come sia possibile essere inglesi e
cattolici allo stesso tempo ».
Nacque nel 1892 nel villaggio ungherese di Mindszent
e, dal 1941, scelse di cambiare il suo cognome in Mindszenty, con riferimento
alla sua città natale. Presbitero nel 1915, nel 1919 divenne sacerdote e, in
quanto tale, fu incarcerato dai comunisti di Béla Kun saliti al potere in
Ungheria. Vescovo di Veszprém nel 1944, il 25 marzo fu consacrato nella
cattedrale di Strigonio, e tra il 1944 e il 1945, incarcerato nuovamente dai
nazisti. Agli inizi di ottobre fu nominato primate d’Ungheria e arcivescovo di
Strigonio e nel febbraio 1945, Papa Pio XII lo elevò Cardinale. Per questo suo
ruolo divenne una minaccia per il regime ungherese, ormai satellite dell’Unione
Sovietica, e il giorno di Santo Stefano del 1948 fu arrestato dalla polizia
mentre era in episcopio. Per fargli ammettere crimini inesistenti contro il
regime comunista fu sottoposto ad ogni sorta di umiliazione e tortura che lo
videro condannato all’ergastolo dopo un processo-farsa. I continui soprusi lo
portarono a cedere e firmare l’accusa che lo voleva cospiratore del regime, ma
un filo di lucidità gli fece apporre in calce la sigla C.F. (coactus feci,
ossia “firmai perché costretto”). Il caso Mindszenty creò un forte eco
internazionale a suo sostegno che vide anche coinvolto lo stesso J. R. R.
Tolkien, come vedremo in seguito. Dopo otto lunghi anni tra prigionia e arresti
domiciliari, contraendo anche la tubercolosi e subendo l’umiliazione più grande
di non poter leggere testi sacri, inginocchiarsi o pregare, nel 1956, con la
sollevazione popolare fu liberato. Ma la reazione sovietica riportò il regime
al potere e lui fu costretto a trovare rifugio a Budapest nell’Ambasciata
americana e ad essere assente ai conclavi del 1958 e del 1963. Grande
oppositore del regime comunista condusse una lunga battaglia contro alcuni
comportamenti vaticani come la nomina dei vescovi graditi al regime, rifiutando
qualsivoglia compromesso. Mindszenty si ritrovò a vivere la nuova politica
conciliante con i regimi comunisti avviata dal vaticano negli anni sessanta e
guidati dal cardinale Agostino Casaroli, nominato Responsabile del dialogo con
i Paesi del Blocco dell’Est, che incontrò più volte. Casaroli lo considerava un
ostacolo alla sua missione di conciliazione pur ammirandolo per la forza d’animo
e la grandezza spirituale e morale. Rifiutò di vivere presso la Santa Sede ma,
nel 1971, dopo l’intervento del presidente americano Nixon, si trasferì a Roma.
Successivamente si trasferì a Vienna, nel collegio ungherese di Pázmámy e da lì
continuò la sua opera di testimonianza delle crudeltà del comunismo fino al
novembre 1973, dopo che il regime ungherese aveva ottenuto dal vaticano il suo
silenzio, quando Paolo VI gli chiese di dimettersi da primate di Strigonio.
Dopo un rispettoso diniego, lo stesso pontefice lo sollevò dall’incarico. Morì
a Vienna il 6 maggio 1975 morì per un arresto cardiaco a seguito di un
intervento chirurgico e nel 1991 le sue spoglie furono trasportate solennemente
da Mariazell a Strigonio e tumulate nella cripta della cattedrale di Nostra
Signora e di sant’Adalberto. Lo stesso anno in Italia l’editore Rusconi
pubblicò le sue Memorie tradotte dal
tedesco da Biagio Marenco. Il 22 ottobre 1996 è stata avviata la causa di
canonizzazione e la definitiva riabilitazione legale, politica e morale si è
avuta nel 2012 dalla Procura generale ungherese che ha posto fine all’infamia
subita nel processo-farsa del 1949.
Il legame tra Tolkien e il cardinale Newman è “mediato”
da una delle figure più importanti della vita del futuro autore del Signore degli Anelli, padre Francisco
Xavier Morgan Osborne figlio di Francis Morgan, un gallese che si stabilì
nella cittadina spagnola di El
Puerto de Santa María come produttore ed esportatore di sherry. Francis
Morgan sposò la spagnola Maria Manuela Osborne y Bohl de
Faber (figlia del britannico Thomas Osborne, fondatore delle cantine
Osborne, e Aurora Bohl de Faber, sorella di Cecilia Bohl de Faber,
meglio conosciuta con lo pseudonimo letteraria di Fernan Caballero). Francis
Xavier, uno dei loro cinque figli, fu mandato da bambino a studiare in
Inghilterra presso il’Oratorio di Birmingham, dove fu allievo di
padre John Henry Newman. Alla fine della scuola primaria frequentò il
liceo a Londra, dall’allora vescovo Thomas John Capel, e poi l'Università
cattolica di Leuven. Due anni dopo fece ritorno all’Oratorio di Birmingham come
novizio. Nel 1880 accompagnò padre John Norris, prefetto dell'Oratorio di
Birmingham, a Roma dove incontrarono papa Leone XIII e, al suo
ritorno, accompagnò il neo cardinale Newman durante il suo soggiorno nella
residenza londinese del Duca di Norfolk, dove gli furono resi gli onori
cardinalizi. Dopo la sua ordinazione nel 1883, Francis Xavier aderì attivamente
alla comunità di San Filippo Neri dell’Oratorio di Birmingham.
Padre Francis Morgan fu confessore e padre
spirituale di Mabel, la madre di Tolkien che, nell’aprile 1904, dopo un
ricovero in ospedale, entrò in coma diabetico e morì. Una perdita che portò Tolkien
a scrivere::
la mia cara madre è stata veramente una martire; non a tutti Dio concede di percorrere una strada così facile, per arrivare ai suoi grandi doni, come ha concesso a Hilary e a me, dandoci una madre che si uccise con la fatica e le preoccupazioni per assicurarsi che noi crescessimo nella fede.
Mabel, che teneva molto all’educazione cattolica dei
figli e viveva il timore che alla sua scomparsa i familiari potessero
riportarli sulla strada dell’anglicanesimo, decise d’indicare nel suo
testamento padre Francis Morgan loro tutore. Padre Morgan sistemò Ronald e
Hilary temporaneamente a casa di una zia poco incline alla religione che viveva
vicino all’Oratorio in modo che i due ragazzi, al mattino presto e prima di
andare a scuola alla King Edward’s, potessero prima della colazione servire
messa all’Oratorio. Padre Morgan contribuì anche economicamente al
sostentamento dei fratelli Tolkien diventando per loro un secondo padre.
Tolkien scrisse che:
Da lui ho imparato soprattutto la carità e la capacità di perdonare; e con questi insegnamenti ho superato persino l’oscurità “liberale” da cui provenivo, in cui si conosceva molto meglio "Maria la sanguinaria" che la Madre di Gesù. che non era mai stata menzionata se non come oggetto di una venerazione sbagliata da parte dei cattolici
Con padre Morgan i fratelli passarono anche molte
estati e Ronald cominciò il suo approccio con lo spagnolo grazie ai libri che
padre Morgan aveva nella sua biblioteca, e del quale si servì anche per creare
un linguaggio che chiamò Naffarin. Nel frattempo, il sacerdote
decise di affittare una stanza in un quartiere non distante dall’Oratorio, presso
il quale Ronald conobbe una persona che con lui avrebbe condiviso il resto
della vita: Edith Bratt. Lo speciale rapporto nato tra Ronald ad Edith,
però, non piacque a padre Morgan in quanto temeva che lo distogliesse dagli
studi spingendolo a vietare che i due si vedessero o scrivessero fin al ventunesimo
compleanno del ragazzo. Questo provocò in Tolkien un gran tormento diviso dal
non poter passare del tempo con la persona che amava e dal non disubbidire al
suo tutore. I Tolkien continuarono a frequentare l’Oratorio - nel 1909 da qui
uscirono le tre pattuglie di Boy Scout guidate dai due
fratelli Tolkien (Cfr. J.
R .R. Tolkien l’esperantista. Prima dell’arrivo di Bilbo Baggins)
- fino al 1911, anno del trasferimento a Oxford dopo aver ottenuto una borsa di
studio per l’Exeter College. Tolkien ed Edith, poi, riuscirono a coronare il
loro sogno e sposarsi nella chiesa di Santa Maria Immacolata a Warwick con rito
cattolico celebrato da padre Murphy. Tolkien, in onore del suo tutore, battezzò
il suo primo figlio, che poi diventerà sacerdote cattolico, John Francis
Reuel.
Nel 1917 padre Morgan e i membri dell’Oratorio di Birmingham pubblicarono
il volume Correspondence of John Henry
Newman with John Keble and others, 1839-1845 (Longmans). Padre Francis Xavier
Morgan morì l’11 giugno 1935 nell’Oratorio di Birmingham lasciando a ciascuno
dei fratelli Tolkien una eredità di mille sterline. Curiosità legata alla beatificazione del cardinale
Newman: la statua realizzata in onore del Beato e benedetta il 19 settembre
2010, a Cofton Park, dal Pontefice Benedetto XVI è stata realizzata dall’artista
Tim Tolkien, bisnipote di J. R. R. Tolkien.
Oltre al legame con padre Morgan e l’Oratorio San
Filippo Neri a Birmingham fondato dallo stesso cardinale Newman, c’è da
ricordare che Tolkien fu membro attivo anche della Newman Association,
nata nel 1942, e registrata cinque anni dopo, con l’intento di riunire i
laureati cattolici e approfondire i temi della fede cristiana. Il sodalizio
cattolico s’ispira sin dalla sua fondazione al Cardinale che voleva “un laicato
non arrogante, non precipitoso nei discorsi, non polemico, ma uomini che
conoscono la propria religione, che in essa vi entrino, che sappiano bene dove
si ergono, che sanno cosa credono e cosa non credono, che conoscono il proprio
credo così bene da dare conto di esso, che conoscono così bene la storia da
poterlo difendere” (The Present Position of Catholics in England, IX, 390).
Ed è proprio questa sua esperienza associativa a
rappresentare l’anello di contatto con il futuro venerabile Mindszenty e nello
specifico, il momento dell’ingiusta incarcerazione dell’allora cardinale per
mano del regime comunista ungherese.
Come si è scritto, infatti, l’arresto del cardinale
Mindszenty nel 1948 provocò fortissime reazioni nell’ambiente cattolico in
tutto il mondo e diversi furono gli appelli in favore della sua scarcerazione.
Nel Regno Unito si schierò la Newman Association di
cui faceva parte Tolkien, che redasse un appello pubblico a favore
della scarcerazione del cardinale Mindszenty inviato al The Times affinché
lo rendesse pubblico. Il testo è stato ritrovato nel 2011 da Douglas A.
Anderson che lo pubblicò sul suo blog.
Tra i firmatari compare il nome di J. R. R.
Tolkien.
CARDINAL MINDSZENTY
TO THE EDITOR OF THE TIMES
Sir,-On behalf of the Newman
Association, composed of some 1,500 Catholic professors and other Catholic
graduates of the British universities, we wish to register a strong protest
against the action of the Hungarian Government in arresting the Cardinal
Primate of Hungary. During the last three years we have see many examples of
the ever-extending violation of freedom in countries under Soviet domination or
Soviet influence. The arrest of the Cardinal Primate is the climax of a whole
series of such incidents in Hungary and elsewhere, but from our experience of
the present and the past we look forward with a very real apprehension. No one
can claim any longer to be safe. The time has now arrived when it must be made
clear, without diplomatic equivocation, that the conscience of the civilized
world is shoched by the denial of religious liberty in Hungary and other areas
of eastern and central Europe.
The arrest of the Cardinal
Primate is almost without precedent in the last 1,000 years. It must be made
clear beyond dispute to the Hungarian Government that by their action they have
forfeited the respect of thinking men and women of all the western nations, and
that they have made a mockery of all movements by the United Nations and other
agencies for the promotion of peace based on justice and freedom. We regard it
as the duty of the British Government to make emphatically clear to all
concerned how deeply the people of Britain have been shocked by the action of
the Hungarian Government.
We have the honour to be,
Sir, your obedient servants,
Alexander Moncrieff,
Honorary President; Leslie Aitchison, A. J. Allmand, Thomas Bodkin, A. Leyland
Robinson, Edgar Prestage, G. Temple, J. R. R. Tolkien, Edmund Whittaker,
F. de Zulueta, Honorary Vice-Presidents, Newman Association. 31,
Portman Square, W.1.
«The Times», venerdì 28
gennaio 1949, p. 5.
Appendici
Si pubblicano due
interessati documenti a vantaggio di chi vuol approfondire la conoscenza di
queste due venerabili e santé figure della Chiesa.
SANTA
MESSA CON BEATIFICAZIONE
DEL VENERABILE CARDINALE JOHN HENRY NEWMAN
DEL VENERABILE CARDINALE JOHN HENRY NEWMAN
OMELIA
DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
Cofton
Park di Rednal - Birmingham
Domenica, 19 settembre 2010
Domenica, 19 settembre 2010
Cari
Fratelli e Sorelle in Cristo,
la
giornata odierna che ci ha portati qui insieme a Birmingham è di grande
auspicio. In primo luogo, è il giorno del Signore, domenica, il giorno in cui
nostro Signore Gesù Cristo risuscitò dai morti e cambiò per sempre il corso
della storia umana, offrendo vita e speranza nuove a quanti vivevano nelle
tenebre e nell’ombra della morte. Questa è la ragione per cui i cristiani in
tutto il mondo si riuniscono insieme in questo giorno per dar lode e
ringraziare Dio per le grandi meraviglie da lui operate per noi. Questa
domenica particolare, inoltre, segna un momento significativo nella vita della
nazione britannica, poiché è il giorno prescelto per commemorare il 70mo anniversario
della “Battle of Britain”. Per me, che ho vissuto e sofferto lungo i tenebrosi
giorni del regime nazista in Germania, è profondamente commovente essere qui
con voi in tale occasione, e ricordare quanti dei vostri concittadini hanno
sacrificato la propria vita, resistendo coraggiosamente alle forze di quella
ideologia maligna. Il mio pensiero va in particolare alla vicina Coventry, che
ebbe a soffrire un così pesante bombardamento e una grave perdita di vite umane
nel novembre del 1940. Settant’anni dopo, ricordiamo con vergogna ed orrore la
spaventosa quantità di morte e distruzione che la guerra porta con sé al suo
destarsi, e rinnoviamo il nostro proposito di agire per la pace e la
riconciliazione in qualunque luogo in cui sorga la minaccia di conflitti. Ma vi
è un ulteriore, più gioiosa ragione del perché questo è un giorno fausto per la
Gran Bretagna, per le Midlands e per Birmingham. E’ il giorno che vede il
Cardinale John Henry Newman formalmente elevato agli altari e dichiarato Beato.
Ringrazio
l’Arcivescovo Bernard Longley per il cortese benvenuto rivoltomi questa
mattina, all’inizio della Messa. Rendo omaggio a tutti coloro che hanno
lavorato così intensamente per molti anni per promuovere la causa del Cardinale
Newman, inclusi i Padri dell’Oratorio di Birmingham e i membri della Famiglia
spirituale Das Werk. E saluto tutti coloro che sono qui venuti
dall’intera Gran Bretagna, dall’Irlanda e da altrove; vi ringrazio per la
vostra presenza a questa celebrazione, durante la quale rendiamo gloria e lode
a Dio per le virtù eroiche di questo sant’uomo inglese.
L’Inghilterra
ha una grande tradizione di Santi martiri, la cui coraggiosa testimonianza ha
sostenuto ed ispirato la comunità cattolica locale per secoli. E tuttavia è
giusto e conveniente che riconosciamo oggi la santità di un confessore, un
figlio di questa Nazione che, pur non essendo chiamato a versare il proprio
sangue per il Signore, gli ha tuttavia dato testimonianza eloquente nel corso
di una vita lunga dedicata al ministero sacerdotale, specialmente alla
predicazione, all’insegnamento e agli scritti. E’ degno di prendere il proprio
posto in una lunga scia di Santi e Maestri di queste isole, san Beda,
sant’Hilda, san Aelredo, il beato Duns Scoto solo per nominarne alcuni. Nel
beato John Henry quella gentile tradizione di insegnamento, di profonda
saggezza umana e di intenso amore per il Signore ha dato ricchi frutti quale
segno della continua presenza dello Spirito Santo nel profondo del cuore del
Popolo di Dio, facendo emergere abbondanti doni di santità.
Il
motto del Cardinale Newman, Cor ad cor loquitur, “il cuore parla al
cuore”, ci permette di penetrare nella sua comprensione della vita cristiana
come chiamata alla santità, sperimentata come l’intenso desiderio del cuore
umano di entrare in intima comunione con il Cuore di Dio. Egli ci rammenta che
la fedeltà alla preghiera ci trasforma gradualmente nell’immagine divina. Come
scrisse in uno dei suoi forbiti sermoni: “l’abitudine alla preghiera, che è
pratica di rivolgersi a Dio e al mondo invisibile in ogni stagione, in ogni
luogo, in ogni emergenza, la preghiera, dico, ha ciò che può essere chiamato un
effetto naturale nello spiritualizzare ed elevare l’anima. Un uomo non è più
ciò che era prima; gradualmente… ha interiorizzato un nuovo sistema di idee ed
è divenuto impregnato di freschi principi” (Parochial and plain sermons,
IV, 230-231). Il Vangelo odierno ci dice che nessuno può essere servo di due
padroni (cfr Lc 16,13), e l’insegnamento del Beato John Henry
sulla preghiera spiega come il fedele cristiano si sia posto in maniera
definitiva al servizio dell’unico vero Maestro, il quale soltanto ha il diritto
alla nostra devozione incondizionata (cfr Mt 23,10). Newman ci
aiuta a comprendere cosa significhi questo nella nostra vita quotidiana: ci
dice che il nostro divino Maestro ha assegnato un compito specifico a ciascuno
di noi, un “servizio ben definito”, affidato unicamente ad ogni singolo: “io ho
la mia missione – scrisse – sono un anello in una catena, un vincolo di connessione
fra persone. Egli non mi ha creato per niente. Farò il bene, compirò la sua
opera; sarò un angelo di pace, un predicatore di verità proprio nel mio posto…
se lo faccio obbedirò ai suoi comandamenti e lo servirò nella mia vocazione” (Meditations
and devotions, 301-2).
Lo
specifico servizio al quale il Beato John Henry Newman fu chiamato comportò
l’applicazione del suo sottile intelletto e della sua prolifica penna a molti
dei più urgenti “problemi del giorno”. Le sue intuizioni sulla relazione fra
fede e ragione, sullo spazio vitale della religione rivelata nella società
civilizzata, e sulla necessità di un approccio all’educazione ampiamente
fondato e a lungo raggio, non furono soltanto di importanza profonda per
l’Inghilterra vittoriana, ma continuano ancor oggi ad ispirare e ad illuminare
molti in tutto il mondo. Desidero rendere onore alla sua visione
dell’educazione, che ha fatto così tanto per plasmare l’”ethos” che è la forza
sottostante alle scuole ed agli istituti universitari cattolici di oggi. Fermamente
contrario ad ogni approccio riduttivo o utilitaristico, egli cercò di
raggiungere un ambiente educativo nel quale la formazione intellettuale, la
disciplina morale e l’impegno religioso procedessero assieme. Il progetto di
fondare un’università cattolica in Irlanda gli diede l’opportunità di
sviluppare le proprie idee su tale argomento e la raccolta di discorsi da lui
pubblicati come The Idea of a University contiene un ideale
dal quale possono imparare quanti sono impegnati nella formazione accademica.
Ed in verità, quale meta migliore potrebbero proporsi gli insegnanti di
religione se non quel famoso appello del Beato John Henry per un laicato
intelligente e ben istruito: “Voglio un laicato non arrogante, non precipitoso
nei discorsi, non polemico, ma uomini che conoscono la propria religione, che
in essa vi entrino, che sappiano bene dove si ergono, che sanno cosa credono e
cosa non credono, che conoscono il proprio credo così bene da dare conto di
esso, che conoscono così bene la storia da poterlo difendere” (The Present
Position of Catholics in England, IX, 390). Oggi quando l’autore di queste
parole viene innalzato sugli altari, prego che, mediante la sua intercessione
ed il suo esempio, quanti sono impegnati nel compito dell’insegnamento e della
catechesi siano ispirati ad un più grande sforzo dalla sua visione, che così
chiaramente pone davanti a noi.
Mentre
il testamento intellettuale di John Henry Newman è stato quello che
comprensibilmente ha ricevuto le maggiori attenzioni nella vasta pubblicistica
sulla sua vita e la sua opera, preferisco in questa occasione, concludere con
una breve riflessione sulla sua vita di sacerdote e di pastore d’anime. Il
calore e l’umanità che sottostanno al suo apprezzamento del ministero pastorale
vengono magnificamente espressi da un altro dei suoi famosi discorsi: “Se gli
angeli fossero stati i vostri sacerdoti, cari fratelli, non avrebbero potuto
partecipare alle vostre sofferenze, né compatirvi, né aver compassione per voi,
né provare tenerezza nei vostri confronti e trovare motivi per giustificarvi,
come possiamo noi; non avrebbero potuto essere modelli e guide per voi, ed
avervi condotto dal vostro uomo vecchio a vita nuova, come lo possono quanti
vengono dal vostro stesso ambiente (“Men, not Angels: the Priests of the
Gospel”, Discourses to mixed congregations, 3). Egli visse quella
visione profondamente umana del ministero sacerdotale nella devota cura per la
gente di Birmingham durante gli anni spesi nell’Oratorio da lui fondato,
visitando i malati ed i poveri, confortando i derelitti, prendendosi cura di
quanti erano in prigione. Non meraviglia che alla sua morte molte migliaia di
persone si posero in fila per le strade del luogo mentre il suo corpo veniva
portato alla sepoltura a mezzo miglio da qui. Cento vent’anni dopo, grandi
folle si sono nuovamente qui riunite per rallegrarsi del solenne riconoscimento
della Chiesa per l’eccezionale santità di questo amatissimo padre di anime.
Quale modo migliore per esprimere la gioia di questo momento se non quella di
rivolgerci al nostro Padre celeste in cordiale ringraziamento, pregando con le
parole poste dal Beato John Henry Newman sulle labbra dei cori degli angeli in
cielo:
Lode
a Colui che è Santissimo nell’alto dei cieli
E
lode sia nelle profondità;
Bellissimo
in tutte le sue parole,
ma
ben di più in tutte le sue vie!
(The dream of Gerontius).
LETTERA
DI SUA SANTITÀ PIO XII
AGLI
ECC.MI ARCIVESCOVI E VESCOVI D'UNGHERIA,
IN
SEGNO DI PROTESTA CONTRO L'ARRESTO
DELL'ARCIVESCOVO
DI STRIGONIA
Agli
Eccellentissimi Arcivescovi e Vescovi d’Ungheria.
Venerabili
Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.
La
notizia che il diletto Figlio Nostro Cardinale Giuseppe Mindszenty, Arcivescovo
di Strigonia, con temerario ardire è stato tratto in arresto e allontanato
dalla sua Sede, Ci ha procurato profondo dolore, poiché vediamo in questo
Presule, tanto benemerito, gravemente offeso sia il sacro rispetto dovuto alla
religione, sia la stessa dignità umana.
Pertanto
la coscienza e il dovere C’impongono di esprimere pubblicamente il Nostro
rammarico e la Nostra indignazione per quanto è stato perpetrato contro i
diritti della Chiesa; ciò che è accaduto non solo contro di voi, ma contro i
cattolici d’Ungheria e di tutto il mondo, con somma tristezza deploriamo
solennemente come ingiuria inferta a tutta la Chiesa.
Ben
conosciamo i meriti di questo ottimo Pastore; conosciamo la tenacia e
l’illibatezza della sua fede; conosciamo la sua fortezza apostolica nel
tutelare l’integrità della dottrina cristiana e nel rivendicare i sacri diritti
della religione. Che se con petto impavido e forte sentì il dovere di opporsi
quando vide che la libertà della Chiesa veniva sempre più limitata e in molte
maniere coartata, e soprattutto quando vide impedito con grave detrimento dei
fedeli il magistero e ministero ecclesiastico — il quale deve esercitarsi non
solo nelle chiese, ma anche all’aperto nelle pubbliche manifestazioni di fede,
nelle scuole inferiori e superiori, con la stampa, con pii pellegrinaggi ai
santuari e con le associazioni cattoliche — questo certamente non è per lui un
motivo di accusa o di disonore, ma piuttosto di alto elogio, giacché devesi
ascrivere al suo ufficio di vigilante pastore.
Desideriamo,
quindi, Venerabili Fratelli, prender viva parte con animo paterno al vostro
dolore e al vostro cordoglio; e desideriamo pure rivolgervi nel nome del
Signore la Nostra esortazione perché, come sempre siete soliti fare, così in
modo particolarissimo in questo grave frangente vogliate continuare a svolgere
il vostro pastorale ministero con assidua solerzia e con unità di mente, di
cuore e di opera, sempre memori che per la libertà della Chiesa e per i suoi
sacrosanti diritti si debbono sopportare non solo fatiche e dolori, ma anche la
privazione della vita, qualora sia ciò necessario. Abbiamo piena fiducia che
voi risponderete a questo Nostro appello paterno con spontanea e volenterosa
operosità; e che tutta l’Ungheria cattolica, a Noi tanto cara, la cui storia
rifulge di gloria negli annali della Chiesa, saprà esser pari a se stessa nelle
travagliate e difficili contingenze dell’ora presente, e saprà, altresì, dare
agli altri popoli splendidi esempi di cristiana fortezza.
Conosciamo
bene quale pericolosa tempesta si è abbattuta su voi e sul gregge alle vostre
cure affidato; ma in pari modo Ci è noto il vostro zelo apostolico, in pari
modo è certa e sperimentata la vostra prudenza pastorale e la salda unità
d’intenti, di consigli e di opere; e così pure è nota e sperimentata l’indomita
vostra fermezza, che, poggiandosi unicamente sull’aiuto di Dio, tutto può
vincere, tutto può superare. Unendo dunque le vostre direttive e fondendo
insieme le vostre forze, andate avanti, Venerabili Fratelli, armati di quella
fortezza, che viene dal Cielo e che si alimenta con la divina grazia. Non
lasciatevi sviare da quelle fallaci apparenze di verità, con cui si suole per
mezzo d’inganni e di allettamenti adescare gli animi. I vostri antenati che già
nei tempi passati dovettero resistere ad ogni genere di errori e superare le
più aspre difficoltà, v’insegnano luminosamente che la religione cristiana può
essere calunniata e combattuta, ma non può esser vinta!
Camminate
fiduciosi dietro i loro esempi; tutto ciò che la dottrina cristiana richiede
nei riguardi della fede e dell’azione, sia per voi campo fruttuoso
d’apostolato, di quell’apostolato che non risparmia fatiche e che non è scosso
o turbato da alcun timore. Voi troverete un conforto, di cui non è possibile
trovarne uno maggiore: il conforto cioè di lavorare e combattere per il Regno
pacificatore e salutare di Cristo, Regno che non è di questo mondo [1], perché ha il
compito di riformare i costumi, e d’indirizzare tutti, attraverso questo
terreno esilio, verso la patria celeste e la felicità eterna.
In
modo particolare desideriamo, Venerabili Fratelli, che, sollevando le vostre
preghiere, anche per coloro che vi perseguitano, al Divino Redentore ed alla
sua Santissima Madre, Patrona dell’Ungheria, unitamente ed insistentemente
imploriate luce celeste alle menti ottenebrate dall’errore, concordia e
cooperazione per coloro che sono disgregati dall’odio e dai rancori, affinché
sorgano finalmente, con l’aiuto della divina grazia, tempi migliori e più
tranquilli per la vostra diletta patria.
Avvalori
ed attui questi Nostri auguri e voti la Benedizione Apostolica, che Noi con
grandissimo affetto impartiamo a Voi, Venerabili Fratelli, ai greggi a voi
affidati ed in modo particolare a coloro « che per la giustizia soffrono
persecuzione » [2].
Dato
a Roma, presso S. Pietro, il 2 gennaio 1949, festa del Nome Ss.mo di Gesù, anno
decimo del Nostro Pontificato.
PIUS
PP. XII
[1]
Cf. Ioann., XVIII, 36.
[2] Matth.,
V, 10.